Nuovi Tools a supporto della concorrenza

 

Il principio della libera concorrenza è spesso visto con scetticismo e snobismo anche da componenti vaste della società civile che si contraddistinguono per una lotta radicale all’illegalità ed al sopruso, soprattutto di stampo mafioso. Questo è il retaggio di una cultura ideologizzata e marxista che vede la concorrenza come espressione del capitalismo e, dunque, ritiene la libera concorrenza uno strumento per rendere meno aggressivo il capitalismo.

In una visione post-ideologica, tuttavia, è indubbio che la Mafia si avvantaggi sempre di contesti – economici e giuridici – dove la competizione è limitata.

A Roma – città dove il fenomeno mafioso, negli ultimi anni, è diventato assai evidente – si è assistito ad uno strano fenomeno: l’assenza di offerte nelle gare concernenti la raccolta dei rifiuti. Apparentemente non ci sono vizi nei bandi o limiti di prezzo che giustifichino tale circostanza. Com’è possibile, dunque, che vadano deserte gare per l’affidamento di servizi, da parte di una delle maggiori stazioni appaltanti d’Italia? Potrebbe l’Authority Antitrust intervenire? esistono nuove tecnologia, in grado di potenziare la lotta a queste forme di condizionamento del mercato?

Per rispondere a tali quesiti, ho tradotto un articolo di un professore del King’s College di Londra.
Per chi avesse familiarità con l’Inglese o comunque volesse apprenderne i contenuti in modo diretto, ecco il link:
https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm…

Luca Miniero

“Turbativa d’asta negli appalti pubblici: verso un circolo virtuoso di individuazione, repressione e compliance”

Prof. Renato Nazzini
King’s College London
(traduzione di Luca Miniero)

Gli effetti negativi delle turbative d’asta negli appalti pubblici sono del tutto evidenti. Si tratta, in primo luogo, degli effetti negativi che solitamente caratterizzano i cartelli, quali l’aumento dei prezzi, la contrazione della produzione e la riduzione della qualità e dell’innovazione, a danno dei consumatori e dell’economia nel suo complesso. Le turbative d’asta negli appalti pubblici, tuttavia, hanno anche effetti negativi ulteriori: esse determinano un aumento della spesa pubblica con il conseguente aumento, o comunque la conseguente mancata riduzione, dell’imposizione fiscale e l’effetto negativo che ciò comporta sulla crescita economica. Inoltre, tali condotte minano la fiducia della collettività sulla capacità del governo e delle pubbliche amministrazioni di fornire servizi, con un effetto potenzialmente distorsivo della legittimità stessa delle istituzioni politiche e amministrative. Lo strumento principale per prevenire e punire questo tipo di comportamento è il diritto della concorrenza e le autorità della concorrenza rivestono, quindi, un ruolo chiave. Esse devono essere assistite, nei loro compiti, da altre autorità pubbliche, in particolare quelle che amministrano le offerte e sono, quindi, nella posizione migliore per individuare prove circostanziali di collusione nelle gare d’appalto.
Ci sono, in generale, due aspetti del problema. Il primo è relativo all’individuazione delle concotte illecite: quali sono i segnali che suggeriscono che le offerte sono state manipolate? Il secondo è relativo alla deterrenza e le sanzioni: quali sono gli strumenti che le autorità della concorrenza possono e dovrebbero impiegare per raggiungere il duplice obiettivo della deterrenza e della repressione della turbativa d’asta?
Partiamo dall’individuazione. Esiste un considerevole corpus di orientamenti e letteratura su questo tema, a partire dalle Linee guida OCSE del 2009 per la lotta contro le turbative d’asta negli appalti pubblici , la Raccomandazione OCSE del 2012 per la lotta contro le turbative d’asta negli appalti pubblici e la relazione OCSE del 2016 sull’attuazione della Raccomandazione. Il punto di partenza è, ovviamente, che la turbativa d’asta è, in tutto e per tutto, un cartello. Di conseguenza, gli stessi fattori che rendono più probabile l’esistenza di un cartello, come la concentrazione del mercato, l’omogeneità dei prodotti, le strutture simmetriche dei costi e delle condizioni della domanda, la mancanza di innovazione e ingresso nel mercato rendono più probabili anche le turbative d’asta. Vi sono, tuttavia, alcune specificità della fattispecie su cui vale la pena soffermarsi. Le gare possono essere un gioco ripetuto: diversi contratti possono essere assegnati dalla stessa o diverse autorità pubbliche nel corso del tempo. Quando ciò accade, gli operatori collusi possono ripartirsi efficacemente il mercato con una rotazione delle vincite nell’aggiudicazione delle gare. Questo meccanismo, tuttavia, può essere rischioso poiché si basa su future compensazioni a favore degli operatori non aggiudicatari. È quindi possibile che l’aggiudicatario debba compensare immediatamente le altre società colluse, per esempio, assegnando loro dei subappalti nell’ambito dello stesso progetto o di altri progetti. Il verificarsi di uno schema ricorrente per il quale il concorente non aggiudicatario si vede assegnare un subappalto dall’aggiudicatario potrebbe quindi essere un indizio di turbative d’asta. Come sarebbero, naturalmente, indicatori dell’esistenza di collusioni nell’ambito di aste pubbliche anomalie nella presentazione delle offerte, se tali anomalie corrisponderreso ad uno schema statisticamente improbabile (rotazione nella vincita, aggiudicazione sempre allo stesso operatore, ecc.) o una deviazione statisticamente improbabile da uno schema previsto (un operartore che non partecipa ad una gara nonostante la presentazione di offerte in gare del tutto simili, o una società che generalmente presenta offerte molto competitive e improvvisamente aumenta i suoi prezzi).
Uno sviluppo interessante in questo campo è l’uso di strumenti algoritmici per rilevare la turbativa d’asta negli appalti pubblici. È infatti possibile sviluppare software capace di individuare i comportamenti e gli schemi di offerta che possono indicare una probabilità di comportamenti collusivi nell’ambito di appalti pubblici. Per esempio, la Competition and Markets Authority britannica ha sviluppato un nuovo software di questo tipo, che ha poi messo a disposizione grauitamente di stazioni appaltanti (Comuni ad esempio). L’uso di questo tipo di software è particolarmente importante per due motivi: (a) in primis, rende più probabile la scoperta di condotte collusive; e (b) in secondo luogo, dissuade la turbativa d’asta in quanto gli operatori diventano consapevoli del fatto che è più probabile che il loro comportamento sia rilevato e sanzionato.
Nonostante gli sviluppi di cui sopra, individuare fattispecie di turbativa d’asta continua ad essere difficile, specialmente quando le imprese diventano più sofisticate nei loro tentativi di “superare in astuzia” le autorità pubbliche. Un esempio particolare di modelli di offerte insolite potrebbe essere il caso delle gare andate deserte. A prima vista, ciò potrebbe sembrare assurdo: l’obiettivo ultimo della turbativa d’asta è quello di aumentare il prezzo del progetto al di sopra del livello competitivi per generare extra-profitti a vantaggio degli operatori collusi. Inoltre, l’assenza di partecipanti a una gara potrebbe, ovviamente, spiegarsi diversamente: l’offerta potrebbe essere stata predisposta in maniera errata, o nessuna impresa potrebbe avere la capacità di realizzare il progetto. Tuttavia, le gare deserte possono anche essere un indicatore della turbativa d’asta quando gli offerenti hanno partecipato a precedenti gare analoghe e non vi è alcuna indicazione che le condizioni del mercato, la capacità degli operatori o le condizioni del contratto da aggiudicare siano cambiate o siano in qualche modo inusuali. I motivi di tale comportamento sono più difficili da valutare ed estremamente dipendenti dal mercato e dal contesto normativo. Potrebbe essere, ad esempio, che, se una gara non abbia avuto esito positivo, l’autorità pubblica sia autorizzata, o addiruttura obbligata, ad affidare il progetto senza gara, il che potrebbe comportare un prezzo ancora più elevato di quello che potrebbe essere aggiudicato nella gara, seppure all’esito di comportamenti collusivi. Oppure le imprese colluse potrebbero ritenere che questa strategia sia meno rischiosa, più facile da difendere dal punto di vista giuridico e meno probabile da individuare rispetto al coordinamento delle offerte in fase di gara, formulate in modo che il vincitore sia scelto nonostante la presentazione di un’offerta a prezzo di cartello. In ultima analisi, dal punto di vista antitrust, non fa differenza se la collusione consista nel manipolare le offerte presentate o nel non partecipare affatto alla gara: in entrambi i casi, il processo competitivo è stato distorto a danno dei consumatori e dell’interesse pubblico. Naturalmente, nessun operatore è, in linea di massima, obbligato a partecipare ad una gara. Ma le imprese devono prendere le loro decisioni commerciali in modo indipendente rispetto ai concorrenti. Se esse hanno concordato, o anche semplicemente discusso, una strategia collusiva prima della chiusura dell’offerta, ciò costituisce, con ogni probabilità, una grave violazione del diritto della concorrenza.
Possiamo ora passare al secondo aspetto: quali sono gli strumenti con i quali le autorità della concorrenza devono sanzionare e scoraggiare tali comportamenti? Innanzitutto, essere possono indagare su casi sospetti di turbativa d’asta. Per avviare un’indagine, non è ovviamente necessario dimostrare la violazione: le turbative d’asta sono per loro stessa natura segrete e, in genere, un ragionevole sospetto dovrebbe essere sufficiente per avviare un’indagine. Altre autorità pubbliche dovrebbero svolgere un ruolo importante al fine di portare all’attenzione delle autorità della concorrenza i casi in cui possono essersi verificati delle turbative. Le autorità della concorrenza hanno poteri di indagine invasivi, che consentono loro, ad esempio, di condurre ispezioni senza preavviso – i cosiddetti dawn-raids – delle società sospettate di aver partecipato a presunti cartelli. Spesso, i cartelli vengono rilevati a seguito di una richiesta di trattamento favorevole, ossia l’auto-denuncia di un’impresa partecipante che in cambio otterrà l’immunità da qualsiasi ammenda che altrimenti gli sarebbe stata imposta. Tuttavia, nel caso di accordi collusivi nell’ambito di gare d’appalto, le richieste di trattamento favorevole potrebbero non essere così frequenti, specialmente nei paesi in cui tali accordi costituiscono anche reato e coloro che hanno posto in essere le condotte vietate incorrono in responsabilità penale personale. Questi ultimi, infatti, ben potrebbero esitare prima di riferire a un’autorità della concorrenza una condotta che può comportare l’esercizio dell’azione penale in loro danno e a titolo individuale, al fine di ottenere l’immunità dalle ammende per la società che rappresentano. È quindi essenziale che le autorità della concorrenza adottino un approccio proattivo per indagare le fattispecie di turbative d’asta ogniqualvolta viene soddisfatta la soglia richiesta per l’utilizzo dei loro poteri investigativi.
Infine, le sanzioni. Le sanzioni a disposizione delle autorità della concorrenza variano da giurisdizione a giurisdizione: tutte le autorità della concorrenza dispongono, in genere, del potere di imporre, o quantomeno di richiedere ad un giudice l’imposizione di sanzioni pecuniarie alle imprese, che ben possono essere ingenti. Ma le sanzioni pecuniarie alle imprese non possono essere l’unica soluzione. Una sanzione pecuniaria è, in fin dei conti, un costo connesso all’attività di impresa. È importante che le sanzioni pecuniarie siano effettivamente applicate e che siano sufficientemente deterrenti ma, soprattutto nelle turbative d’asta, è importante che le sanzioni e l’effetto deterrente abbiamo una più ampia portata. Una soluzione in un certo senso ovvia è quella di prevedere sanzioni penali per le persone fisiche, secondo il modello adottato in un certo numero di giurisdizioni. Tuttavia, indagini e procedimenti penali dovrebbero essere attentamente coordinati con il procedimento antitrust in modo che nessuno strumento repressivo interferisca o indebolisca l’altro. Le sanzioni penali, se presenti, dovrebbero poi essere accompagnate da sanzioni di natura non penale contro le persone fisiche, come l’interdizione alle cariche manageriali nel Regno Unito, le sanzioni non pecuniarie contro le società (ad esempio, si può pensare di interdire all’impresa la partecipazione a qualsiasi gara pubblica per un certo periodo di tempo) e, naturalmente, azioni risarcitorie società e individui.
In definitiva, la soluzione al problema delle turbative d’asta è la compliance: molte imprese desiderano rispettare la legge e, storicamente, vi sono indicazioni di una scarsa consapevolezza della natura illecita delle turbative d’asta in molti settori e in alcune giurisdizioni. Ma la compliance deve anche essere resa interessante per le imprese, sia fornendo loro gli strumenti giusti e gli incentivi per conformarsi, ma anche, nelle ipotesi in cui la conformità fallisce, per negligenza o addirittura dolosamente, in virtù di un sistema che garantisca alti tassi di rilevamento e robuste e tempestive misure repressive quando necessario.