Novanta-Due: la Paura della Sovranità

La composizione e la formazione del Governo non sono argomenti opinabili: è l’art. 92 della Costituzione a stabilire com’è composto il Governo (comma 1) e come tale composizione debba formarsi (comma2).

I nostri Padri Costituenti non hanno lasciato al caso neanche le virgole e, dunque, partire da un esame letterale degli articoli è sempre essenziale. Recita l’art. 92 Cost.: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dai Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri“.

La principale ansia dei ns Costituenti era quella di evitare che il potere si concentrasse nelle mani di una sola persona, reduci com’eravamo dall’esperienza della dittatura fascista. Ecco dunque che si chiarisce subito che in Italia non esistono “premier” e che non esistono neanche “Capi del Governo” ma che il Governo è un organo collegiale, in quanto composto, pariteticamente, dal Presidente del Consiglio e dai Ministri. Il Presidente è parte del Consiglio dei Ministri, al pari di ogni Ministro.

Chiarito quest’aspetto, si stabilisce subito un altro concetto: il Presidente del Consiglio è scelto dal Presidente della Repubblica ma i Ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio. In base alla ns Costituzione, dunque, non esiste alcuna possibilità che il Presidente della Repubblica possa proporre (figuriamoci imporre!) il nome di un Ministro.

I costituzionalisti più accorti, infatti, parlano di “diritto di veto” del Presidente della Repubblica. Anche di tale potere, però, non vi è traccia nella Costituzione mentre vi sono norme che prevedono la possibilità di processare il Presidente della Repubblica, in tutti i casi in cui il suo operato attenti alla Costituzione: anche un non avvocato capisce che se la Costituzione è stata molto dettagliata, nello stabilire il processo al Presidente della Repubblica, se avesse voluto attribuirgli un diritto di veto, avrebbe dedicato a ciò almeno una disposizione. Così non è.

E’ tuttavia vero che alcuni Presidenti della Repubblica, nel passato, hanno sostanzialmente deciso i nomi di molti Ministri. Fu così per Renzi quando sciolse la riserva nelle mani di Napolitano (andatevi a rivedere la conferenza: noterete che Napolitano se l’era lavorato ai fianchi e lui – che era entrato tutto tronfio – ne era uscito come in molte altre occasioni successive: malconcio, emaciato e privo di autorevolezza).

Avrete certamente sentito dire che le prerogative del Presidente della Repubblica sono elastiche. E’ vero: i poteri del Presidente, volutamente, non sono stati elencati: ciò è stato fatto per garantire che in situazioni di crisi non ci fossero paralisi o stalli. La vicenda della nomina del Ministro Savona, tuttavia, non concerne un potenziale stallo: non vi è alcun vuoto politico. In altre parole, non abbiamo forze politiche che, volendo fare un governo, non riescono a mettersi d’accordo sul nome del Ministro dell’Economia (caso in cui sarebbe più che lecito il tentativo di mediazione da parte della più alta carica dello Stato). La fattispecie che abbiamo davanti è esattamente opposta: come mai negli ultimi 10 anni, abbiamo un nascente governo che gode di una solida maggioranza parlamentare, di cui sono azionisti non una pletora di partiti e partitini, bensì due sole formazioni politiche, tra i cui leader, piaccia o no, è tangibile la sintonia di toni e di obiettivi. In una situazione del genere, il Presidente della Repubblica dovrebbe limitarsi a notarizzare le proposte del Presidente del Consiglio incaricato, come chiaramente dice l’art. 92 della Costituzione.

La norma che viene compressa non è – a mio modesto avviso – quella della disposizione del comma secondo dell’art.92 (un articolo, in teoria, riformabile) bensì un’altra, ben più importante ed immodificabile. E’ sempre un comma secondo ma dell’art. 1, che recita:”La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

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La nostra democrazia è di tipo parlamentare: un giorno, non molto lontano, non sarà più necessario eleggere dei rappresentanti ma sempre ci sarà un parlamento. Magari virtuale, magari gestito da un software capace di sintetizzare i bisogni e le aspirazioni di 60 milioni di italiani e non sarà necessario andare a votare. Quello che certamente rimarrà – fintanto che saremo una democrazia – è la necessità che un governo – cioè chi gestisce la cosa pubblica – debba godere del consenso almeno maggioritario del popolo, perché, in una democrazia (Demos= popolo, Kratos=potere) è il popolo ad essere sovrano: non la UE, non il Presidente della Repubblica e nemmeno i partiti.

Oltre ad essere avvocato, ho anche origini partenopee. Nella cabala napoletana il numero 90 indica la paura e il numero 2 “a piccerella” ovvero la bambina. Si è parlato di Terza Repubblica come di una neonata Repubblica dei cittadini. I censori di Di Maio dicono che la Repubblica è sempre e solo una, perché la ns Costituzione è sostanzialmente immutata. La verità, però, sta altrove. Di Maio – a cui va riconosciuta abilità politica non comune – ha inteso sottolineare che l’imponenza del voto popolare del 4 marzo avrebbe sparigliato prassi e consuetudini ormai consolidate (quelle che afferiscono alla cd Costituzione materiale) perché la delega ottenuta dalle formazioni politiche vincitrici (ed in particolare dal Movimento 5 Stelle) era di tale portata da consentire un pieno esercizio dei poteri conferiti dalla Costituzione al Parlamento ed al Governo, ridimensionando il ruolo che apparati dello Stato (incluso il Presidente della Repubblica), non eletti direttamente dal popolo, si erano ritagliati negli ultimi due lustri.

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Detto in parole povere: da Monti in poi, nessun  Presidente del Consiglio poteva vantare un sostegno parlamentare talmente forte da poter dire al Presidente della Repubblica: <<Questa è la lista dei Ministri e, salvo eccezioni di merito fondate, non intendo negoziarla>>. Meno che mai Renzi, arrivato al Quirinale per cooptazione, senza nessuna esperienza parlamentare e con mezzo partito alle spalle che lo riteneva un arrogante, inesperto e longa manus di Berlusconi. Se poi aggiungiamo che il PD aveva  la maggioranza solo alla Camera (e, anche quella, incostituzionale….) ci rendiamo conto che oggi la situazione è del tutto diversa.

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Di Maio è capo politico legittimato dal voto degli iscritti del Movimento 5 Stelle che è stato votato da  quasi 12 milioni di italiani. Non ha competitor interni al Movimento ed ha una base solida, diffusa, arrabbiata e affezionata. In più vanta un’esperienza di cinque anni quale vice presidente della Camera dei Deputati. Salvini è in politica dal 1993 ed ha un’esperienza solida, anche da parlamentare europeo. La Lega non ha correnti che possano sminuire, per ora, il ruolo di Salvini e, insieme al Movimento 5 Stelle, ha il 51% dei seggi. Difronte ad una proposta di Governo così netta e solida, le resistenze di Mattarella si possono giustificare  solo ipotizzando che in realtà dietro di lui ci siano le voci della Merkel e di altre Poteri non nazionali.

La sovranità, in effetti, ha una caratteristica: può essere conferita (dalla Costituzione oggi ma, in passato, persino da Dio: così era per i Re) ma, per esercitarla, occorre difenderla, con coraggio e determinazione. Tutti i re della Storia hanno subito tentativi di regicidio, usurpazione o tradimento e, per difendere il trono – che all’epoca significava anche indipendenza e sovranità nazionale – dovevano spesso scatenare sanguinose repressioni. Il popolo, quale detentore della sovranità,  non può sottrarsi a tale crudele regola della Storia: se si farà scippare la sovranità, ogni Presidente della Repubblica futuro ricalcherà il comportamento di Mattarella ma, soprattutto, ogni Potere straniero penserà che siamo una Repubblica minore. Lo sapeva bene anche Delacroix che, nell’immaginifica tela intitolata “La Libertà che guida il Popolo”, non si limitò a disegnare il trionfo arricchito da uno dei più bei seni della storia della pittura ma anche i corpi martoriati dei rivoluzionari giacenti, per la lotta appena terminata. Magari è un bene che il popolo sia meno risoluto di un re, perché questo ha evitato che ci fossero reazioni bellicose, ogni qualvolta ci è stata sottratta una fetta di sovranità. Addirittura, con la modifica dei Trattati UE – che hanno favorito la Germania e umiliato la ns economia, svuotando di valori l’originaria e nobile concezione unitaria dell’Europa – la sovranità ci è stata sottratta senza che ce ne rendessimo conto. Un regicidio del popolo indolore, almeno nell’immediato.

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Magari è un bene, dicevamo, magari è un male, ma così è: se il popolo non reagirà, quei Poteri che premono sul Quirinale prevarranno, ancora una volta, su un popolo sempre meno sovrano.

Dopotutto, come diceva Totò, “Principessa morta fa 92 e non puoi nemmeno giocartela al Lotto, perché i numeri vanno fino a 90”.

Luca Miniero