Ordine Pubblico o Ordine Privato?

Nella concezione corrente dell’uomo “comune” il Diritto coincide con ciò che si può pretendere o fare. Tale concezione, in realtà, è assai semplicistica e fuorviante.

Quando una norma ci attribuisce delle prerogative, facoltà o, al contrario, degli obblighi (e persino delle sanzioni) per poter efficacemente radicare tali vantaggi/doveri necessita, preventivamente, di definire: chi siamo noi, qual è la circostanza – spaziale, temporale, sociale – in cui le previsioni hanno valore, oltre a dover, ovviamente, contenere una previsione, auspicabilmente chiara. Ma non basta. Nella quasi totalità dei casi, la norma non ha valore autonomo, dovendo essere letta insieme a tutte le altre del ns ordinamento. Un esempio: l’art. 575 del codice penale stabilisce che “Chiunque cagiona la morte di un altro essere umano è punito con…. Eppure, se un chirurgo opera su una persona cardiopatica e ne sopravviene la morte, sarà tutt’altro che semplice stabilire se si tratti di una morte inevitabile o di un omicidio colposo.

I concetti giuridici, in altre parole, non sono mai autonomi ma derivano la propria valenza – semantica e operativa – da altre scienze umane; ad esempio, la chimica (nell’esempio potrebbe emergere che al paziente è stata somministrata una dose eccessiva di anestetizzanti, nel qual caso, a rischiare l’accusa, non sarebbe più il chirurgo ma l’anestetista).

La chimica, la fisica e la medicina sono però scienze strutturate sull’uso di parametri matematici e, in quanto tali, ritenute esatte; conseguentemente gli errori sono teoricamente eliminabili: la legge scientifica è certa, se non si commettono errori di misurazione/verifica sarà sempre indiscutibile l’esito dell’esame. In realtà, la Storia ci ha insegnato che così non è. Un recente studio, reso obbligatorio per le valutazioni dei giudici nell’intero sistema giudiziario americano, ha dimostrato che la ritenuta infallibilità dell’esame delle impronte digitali è in realtà fallace intorno a una soglia del 20% (un caso su 5!). Forse un giorno anche il totem del DNA sarà rivisto ma per ora non ci sono indicazioni in tal senso.

Se le cose sembrano relativamente semplici per le cd scienze esatte, l’attendibilità del Diritto diviene ancora più impalpabile quando il concetto giuridico si rifà a scienze sosciologiche – tra le quali è certamente da iscriversi l’economia.

Tornando all’omicidio, è di queste ore la notizia dell’arresto di un italiano per il brutale assassinio di Soumayla Sacko, il bellissimo ragazzo 24 enne del Mali, stroncato da colpi di fucile, che viveva a San Calogero (Vibo Valentia) e che certamente non doveva essere un incolto analfabeta, a dispetto degli umili lavori svolti, svolgendo anche attività sindacale.

Non tutti sanno che l’omicidio, qualora realizzato per motivazioni razziali, configura un omicidio doloso aggravato, con conseguenze penali assai più rilevanti. Sarà dunque sempre raro che un omicida dichiari le proprie motivazioni razziali, anche quando queste sottostanno al proprio crimine. Di solito, a farlo sono solo coloro che ritengono la propria azione criminale un atto d’istanza politica, rivendicandone le motivazioni. E’ stato così nel caso di Luca Traini – lo stragista di Macerata, ex candidato locale della Lega.

La singolarità dei fatti di Vibo, tuttavia, sta nel fatto che – sia nell’ipotesi in cui l’omicida si sia fatto giustizia da solo per i furti subiti, sia per il caso che abbia sparato per reagire alla presenza di persone straniere nel territorio – le attività del Ministero dell’Interno sono chiamate in causa: nel primo caso, perché una gestione incontrollata dei flussi migratori è suscettibile di originare tensioni sociali, nel secondo caso perché la mancata sorveglianza del territorio – peraltro non accidentale, atteso che i furti erano stati più di uno – è certamente imputabile alla cattiva organizzazione dei controlli delle forze di polizia.

Purtroppo, in Italia, la sinistra – per le sue irriducibili incrostazioni ideologiche – non ha mai sviluppato una seria cultura del cd Ordine Pubblico. Ci sono, in effetti, ragioni storiche – all’indomani della caduta del Fascismo, il concetto di Ordine Pubblico era talmente osteggiato da non comparire in nessuno dei 140 articoli della ns Costituzione, dove pure fa capolino un concetto assai più vago, quello di “buon costume” (art.21 – Libertà di Stampa) – ma, a distanza di oltre 70 anni dalla nascita della Repubblica , tale limite culturale non è più scusabile.

Come se non bastasse, la Destra italiana, anziché sviluppare una visione moderna ed evoluta, per quanto più favorevole ai poteri costituiti, come nelle altre Democrazie mature, opera subdolamente, riproponendo con terminologie rinnovate i medesimi concetti che erano stati introdotti dal Fascismo e che portarono, in ultima analisi, al fallimento del progetto rivoluzionario mussoliniano, con i disastrosi esiti che la Storia ha ampiamente certificato.

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A Salvini non può certo – per ora – essere imputato lo stato di debolezza in cui versano le ns strutture di polizia, fatta eccezione per la circostanza che i Governi Berlusconi hanno operato molti tagli in tali comparti, anche con la Lega in coalizione. Di certo, però, Salvini mostra d’ignorare la principale funzione del Diritto Penale: quella di scoraggiare comportamenti contrari all’Ordine Pubblico ed alla sicurezza (cd funzione general-preventiva). Le dichiarazioni e le prese di posizione del neo-ministro degli Interni, infatti, sono tutte volte a porre l’accento sulla funzione secondaria del Diritto Penale – quella relativa al perseguimento del singolo reato ed alla sanzione per l’autore – cd Funzione specifico-preventiva. Gli studiosi del Diritto, i Magistrati e financo gli operatori del diritto meno responsabilizzati, sul piano dell’ordinato svolgimento della vita sociale, sanno che le politiche orientate ad enfatizzare la comminazione di sanzioni al singolo autore, nel medio periodo, non esplicano un’efficace funzione di repellenza delle condotte criminose. Ad abundantiam, la funzione di repressione dei singoli reati è rimessa alla Magistratura e, nel rispetto della Sua Autonomia, è semmai il Ministro della Giustizia ad avere competenze in merito.

Sarebbe forse utile, per Salvini, rispolverare i testi universitari: potrebbe ricordare che il concetto di ordine pubblico non ha natura statica, risalendo al pensiero illuminista ed essendo già presente nei codici preunitari (Toscana, Sardegna e Regno delle due Sicilie) nonché nella codificazione Zanardelli del 1889 e Rocco del 1940 (tuttora vigente).

Una lettura della migliore e più consolidata Giurisprudenza Costituzionale, porterebbe a verificare che – per la ns Suprema Corte – l’ordine pubblico consiste nei principi fondanti il regime politico, il sistema normativo che ne è espressione e nella convivenza sociale, che ad essi deve uniformarsi, rispettando le strutture giuridiche costituite.

Tra tali principi fondanti, non v’è dubbio, che abbia piena cittadinanza quello della pacifica convivenza, della libera espressione della persona e della tutela dei Diritti Inviolabili dell’Uomo, oltre che l’accesso paritario alle possibilità d’integrazione e sviluppo della personalità. Si tratta di diritti, riconosciuti a qualsiasi persona dalla ns Costituzione (anche agli stranieri: non a caso la ns Carta attribuisce solo ai cittadini, in aggiunta, anche il diritto di voto e di elettorato passivo mentre attribuisce alla persona, in quanto tale, tutti i diritti sopra elencati).

In attesa di scoprire il vero movente che ha causato la morte di Soumalya Sacko, dunque, una certezza già l’abbiamo: il ns Paese, inclusa la gestione passata del Ministero dell’Interno, non ha garantito, a quel ragazzo, ciò che la Costituzione prevedeva gli venisse riconosciuto. Purtroppo, l’alba del nuovo Ministero degli Interni non sembra orientata a un cambiamento e la cultura giuridica cui sembra rifarsi il nuovo Ministro pare confermare la tradizione giuridica della Destra nostalgica post-fascista italiana, molto più che una visione post-ideologica e orientata alla risoluzione dei problemi di ordine pubblico, senza preconcetti, cui pure il Movimento 5 Stelle e, soprattutto, la mirabile campagna elettorale di Luigi Di Maio era stata improntata.

Siamo, in definitiva, molto, troppo distanti dal curriculum della Giannetakis, laureata in psicologia, in criminologia e in giustizia penale, nonché specializzata in scienze comportamentali applicate alle investigazioni, alla security e all’intelligence, tra Italia, Stati Uniti e Gran Bretagna.

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E’ un po’ come se, nel team di Criminal Minds, avessimo votato Jennifer Jarau e ci avessero messo in squadra Boss Hogg della contea di Hazzard.