Il vitalismo volgare di Salvini e il nichilismo della sinistra

Il Foglio ha pubblicato oggi un articolo di Paolo Virzì, noto regista livornese, nel quale il Movimento 5 Stelle viene indicato come formazione politica fascista e ci si appella agli elettori di sinistra che hanno sostenuto il Movimento lo scorso 4 marzo a ciò che facciano ammenda, chiedano scusa e tornino a votare il PD.

 

Il quotidiano di regime, diretto da Giuliano Ferrara – uomo la cui coerenza politica e sobrietà sono ormai paradigmi leggendari – è finanziato più o meno direttamente dai contribuenti italiani, a loro insaputa. Non bastasse ciò, il cinismo e l’inconsistenza di Renzi e dei suoi sodali potrebbe indurci ad ignorare tale intervento. L’articolo però è imponente, ben scritto ed ha riscosso una inusuale diffusione su Twitter: anch’io l’ho letto e credo che meriti una risposta.

Il ragionamento di Virzì è sostanzialmente il seguente: il Movimento 5 Stelle ha da sempre utilizzato un linguaggio aggressivo, irriverente verso gli intellettuali ed ha operato avvilendo le Istituzioni democratiche classiche; non deve stupire dunque l’alleanza con la Lega, la mancanza di un argine alla deriva a destra e la difficoltà a proporre una credibile alternativa di governo democratica. Occorrerebbe, sempre secondo Virzì, riconoscere che al di là della figura di Renzi, i governi degli ultimi 5 anni sono stati eccellenti e tornare a sostenere il PD.

In tale ragionamento- che descritto da me appare ancora più astruso, per ragioni traspositive e di sintesi – vi sono alcuni passaggi che potrebbero far presa e conferire credibilità al ragionamento: la saldatura tra elettorati composti da persone emarginate e fragili, che sono ormai maggioranza numerica e l’indifferenza mostrata per le ragioni umanitarie o per le esternazioni imbarazzanti e pericolose di Salvini.

Virzì è un poeta: scrive per immagini ma si muove in un universo onirico e simbolico dove le evocazioni prevalgono sul ragionamento: questo è utile quando si compone ma induce in gravissimi errori quando si sviluppa un’analisi.

Innanzitutto va detto che il Movimento non nasce per annientare la democrazia né ha mai sostenuto il suo superamento: il pensiero di Casaleggio è centrato totalmente sull’intensificazione della partecipazione e sull’ampliamento degli strumenti di democrazia diretta. Lo zoccolo intellettuale del Movimento- composto da persone che in molti casi non rivestono ruoli ufficiali ma ne seguono le sorti e ne curano le evoluzioni- è costituito da persone che si sono collocate nel più aulico solco democratico della Storia nazionale. Dario Fo era (ma vorrei dire “é”) uno di Quelle/i.

La straordinaria e veloce crescita di consensi del Movimento è derivata dal collasso etico, metodologico, contenutistico e programmatico della sinistra. Come hanno dimostrato le elezioni del 4 marzo 2018, il blocco sociale e di consenso della destra non si è eroso, mentre quello di sinistra è al minimo storico assoluto.

Se 5 milioni circa di elettori di sinistra hanno smesso di votare PD e non hanno trovato in LeU una valida opzione elettorale, le cause – tutte – vanno cercate a sinistra e non nel Movimento.

Il Movimento 5 Stelle è semmai stato argine elettorale ad una svolta a destra del Paese che non avrebbe avuto precedenti, nemmeno se paragonate alle ultime elezioni libere che portarono Mussolini al potere.

Il tentativo di modificare, in chiave eversiva ed antidemocratica, la Costituzione del 1948, è stato attuato dalla sinistra con l’immancabile avallo di pezzi di submassoneria deviante e deviata, nonché del centrodestra berlusconiano. Solo la provvidenza laica, più volte citata da Travaglio, ha consentito di scongiurare (per ora…) la riforma che avrebbe pesantemente ipotecato la natura democratica e partecipativa della ns Repubblica: essenzialmente l’opportunismo politico di Berlusconi che, pur di riemergere come leader dalla parte dei vincitori, ha boicottato il disegno delle Cancellerie Internazionali.

A tale opportunismo ha fatto da contraltare tattico il cinismo di Renzi che, dopo aver scalato il PD, ha imposto all’intera sinistra italiana un Governo fortemente spostato a destra perché composto anche da personaggi come Salvini e Giorgetti privi di sensibilità istituzionale e interessati esclusivamente al proprio tornaconto elettorale.

Le cancellerie si stanno riorganizzando e la scelta di Mario Draghi sul Quantitative Easing prepara il tentativo – stavolta più militarizzato – di imporre al Paese una riduzione degli spazi democratici, prima attraverso la modifica della sua Costituzione materiale, poi, prevedibilmente, riprovando a riscrivere – per la terza volta in 12 anni – la ns Carta fondamentale.

Virzì, in definitiva, sbaglia completamente analisi perché troppo condizionato da una visione ideologica che lo spinge a non vedere alternative alla sinistra, perdonando a questa la paternità dei disastri descritti.

Il Movimento 5 Stelle però ha una grande responsabilità: tramutare il proprio postideologismo in una proposta di idee, sganciata dalle rigide contrapposizioni di un capitalismo fallimentare e morente, capace di parlare a quel popolo di sinistra esule e privo di degni riferimenti. Una moltitudine maggioritaria di persone cui le proposte demagogiche e semplicistiche di Salvini su immigrazione e ordine pubblico non offriranno riparo. Lo stesso Virzì lamenta che i più poveri e oppressi non trovano risposte utili in una politica di destra tradizionale (ed ha ragione, su questo) che notoriamente aizza le masse nelle piazze, veicolandone la rabbia verso nemici immaginari (ieri gli Ebrei, oggi gli Immigrati) per nascondere la propria azione di tutela dei poteri forti del sistema economico dominante.

Luigi Di Maio ha fatto l’impossibile, portando il Movimento ad uno straordinario successo elettorale, nonostante la totalità del

Main Stream abbia accusato il Movimento di ogni nefandezza, non facendosi neppure scrupolo di dileggiare una giovane donna d’indubbio spessore etico, quale è Virginia Raggi, brutalizzando l’immagine di Roma, la Capitale d’Italia. Oggi però ci attende una sfida ben più difficile: arginare il sostegno massivo che la vecchia classe dirigente sta offrendo – con spazi mediatici senza precedenti per un Ministro degli Interni che governa, ricordiamolo, Polizia e Carabinieri- ad un aizzapopolo privo di cultura e profondamente organico al vecchio modo di fare politica, quale è Matteo Salvini.

In parole meno auliche: il Movimento non ha speranza di consolidare il proprio consenso ed ampliarlo se non lanciando un’opa – decisa, netta e priva di tentennamenti – all’elettorato deluso del PD, facendo proprie le istanze indirizzate, in passato, a tale partito e che hanno trovato risposte titubanti (vedasi la legge zoppa sulle unioni civili) o elusive ( vedasi l’elemosina degli 80€) quando non addirittura aperti dinieghi (vedasi il vergognoso Jobs Act).

Le elezioni amministrative sono state un monito: un elettore pentastellato su due si è astenuto, la sinistra non è pervenuta. Non saranno i successi dei ballottaggi- che pure ci auguriamo – a cambiare il significato chiaro di tale test elettorale.

Le elezioni europee non possono vederci titubanti o schiacciati su posizioni salviniane, altrimenti sarà un tracollo: non tanto per il Movimento- la cui differenza di metodo (due mandati, zero rimborsi elettorali, intransigenza coi corrotti) ne assicura la sopravvivenza – quanto per il Paese e per il progetto di un’Europa equa, solidale, moderna, dove i nazionalismi e la nostalgia della classe media per il passato glorioso che fu, potrebbero generare mostri d’inedita forma ma di tristemente nota sostanza.

Luca Miniero

Ps: ho scritto questa riflessione da un iPhone quindi chiedo scusa se stile e forma sembreranno più rabberciati del solito.